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Formazione sulle tecnologie: ma è proprio necessario?

thumbsdownLa formazione servirebbe se davvero a scuola ci fossero le attrezzature. Ma spesso i docenti si stampano le schede a casa perché a scuola le stampanti sono inutilizzabili. Per non parlare delle vere urgenze: classi multietniche, difficoltà a relazionarsi con le famiglie e così via.

da: La tecnica della scuola dell’ 11/03/2014

Fra le anticipazioni relative ai provvedimenti sulla scuola che dovrebbero essere varati dal Consiglio dei Ministri nella giornata del 12 marzo ce n’è una che ci colpisce non poco.
Si parla di investire risorse economiche (e non solo) per migliorare le competenze digitali dei docenti.
Ci sembra un obiettivo apparentemente molto nobile ma che, se bene analizzato, appare poco realistico e alquanto debole.
Le obiezioni che si possono avanzare sono più di una.
La più banale riguarda le dotazioni tecnologiche: a che serve formare i docenti se poi le dotazioni effettive delle scuole (soprattutto della primaria e della secondaria di primo grado) sono piuttosto modeste?
Forse, né  Renzi né il ministro Giannini sanno che molto spesso nelle scuole primarie ci sono computer vecchi e stampanti che funzionano solo grazie al fatto che sono gli insegnanti stessi a comperarsi di tasca propria le “cartucce” di inchiostro (anzi in molti casi i docenti si stampano il materiale a casa propria).
Basta frequentare  Facebook per sapere che anche il registro elettronico regge solo perché molti insegnanti lo compilano da casa utilizzando il proprio PC e la propria connessione.
Ma c’è una questione pedagogica e culturale fondamentale: siamo proprio sicuri che la carenza da colmare sia quella della formazione nell’ambito delle tecnologie?
Vogliamo fare un elenco di competenze che forse sarebbe altrettanto importante sostenere e migliorare ?
Per esempio oggi i docenti sono sempre più in difficoltà a gestire i rapporti con le famiglie e quindi pensare a percorsi formativi centrati sul tema della relazione non sarebbe poi del tutto fuori luogo. Basta parlare con gli insegnanti per sapere che le domande prevalenti non riguardano l’uso del PC o della LIM; per esempio: come si fa a mantenere viva l’attenzione degli alunni, come li si può motivare ad apprendere, come si fa a promuovere la cooperazione e la collaborazione, come si possono realizzare forme di apprendimento fra pari, come si gestiscono le classi con alunni di 5 etnie diverse, come fare per rendere davvero formativi i processi di valutazione; e potremmo continuare ancora a lungo.
Certo è che lanciare un programma nazionale di formazione  sulla multiculturalità, sul valore della cooperazione e sulla valutazione formativa non consente di ottenere un passaggio in un talk show in prima serata e neppure uno spazio sulle prime pagine dei quotidiani.
Molto meglio, allora, un po’ di bla bla sulle “magnifiche sorti e progressive” delle tecnologie, poco importa se poi i problemi veri delle scuole sono ben altri.

Commento: Parole di assoluto buon senso! Basta con governi e ministri che sparano giudizi e improvvisano iniziative alla moda, da calare sul corpaccio della scuola statale, cioè sulla testa di alunni, genitori ed insegnanti. E’ solo chi vive in quella singola scuola tutti i giorni, come insegnante o genitore, che può accorgersi dei problemi reali, ed è solo chi amministrasse quella scuola in autonomia che può organizzare una iniziativa efficace per affrontarli con buone probabilità di successo. E’ per questo che abbiamo elaborato la nostra proposta , che chiede che le scuole statali diventino  scuole statali autonome , dispongano direttamente degli edifici, delle attrezzature e del personale, e siano governate da un Consiglio di Amministrazione eletto dai genitori (ma non formato da genitori).

Redazione
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